14/11/2005 - William.h
2.
Lentamente spostò le braccia dal volto al terreno freddo e melmoso. Tossì violentemente un paio di volte, quindi fece forza sui polsi, che sprofondarono di una decina di centimetri nel limo, e si tirò sulle ginocchia. Si passò più volte le mani sul viso, dando sollievo alla pelle ustionata. Aprì gli occhi ma non vide nulla. Lampi di luce offuscavano ancora la vista. Si strofinò il volto un’altra volta come per scacciare i fantasmi che indugiavano nelle sue pupille. Quando provò ancora a vedere in che posto si trovasse questi erano finalmente spariti.
Innanzi a lui il tetro aspetto di una palude fece la sua comparsa. Guardò alle sue spalle, ma dell’incendio da cui era scampato così miracolosamente non vi era traccia. Al suo posto si estendeva silenzioso il lugubre acquitrino.
Alzandosi cercò il bagliore della luna riflesso sulla fetida superficie d’acqua. Salvezza o condanna? Non riusciva proprio a scegliere cosa fosse stato per lui. Di sicuro non era ancora in salvo. Se all’atroce ma rapida morte tra le fiamme ve ne fosse stata sostituita una ben più lenta ma altrettanto terribile tra le fredde e torbide acque, in quel paesaggio di morte eternamente immerso in una soffocante coltre di nebbia, di certo non era stato un miglioramento.
Contorti arbusti sgorgavano sparsi dalla melma, salendo fin qualche metro sopra la sua testa, diramandosi in un groviglio intricato di rami simili a spettrali artigli; alcuni si allungavano in alto come ad afferrare la luna, altri tornavano al suolo sprofondando nel fango.
<<Dove mi trovo?...>> disse a se stesso e la sua voce gli parse fuori luogo in un posto come quello. Un brivido gli percorse la schiena e il timore di aver risvegliato qualche presenza che fino a poco prima dormiva da millenni lo colse d’improvviso.
Passò del tempo ma non accadde nulla.
-HI HI HI....-
Il cuore gli saltò in gola, il respiro si arrestò.
Qualcuno aveva riso. Una voce acuta, sottile, simile per certi versi a quella di un bambino ma allo stesso tempo molto più matura aveva riso di lui. Al terrore si aggiunse un moto d’ira a quel pensiero. Chi mai aveva osato in quel luogo di fango, nebbia e tenebra ridere della sua condizione? La tentazione di urlare tutta la sua rabbia contro quella voce fu forte, ma il ricordo della sua voce così estranea a ciò che lo circondava riuscì a reprimerla. Rimase in attesa che lo sconosciuto parlasse ancora.
Secondi.
Minuti.
Non successe più nulla. Che fosse stato il parto malsano delle sue angosce, come la voce tra le fiamme? Non vi era altra spiegazione. Il suono di quel riso era troppo delicato per appartenere ad un uomo adulto, ed anche una donna per quanto dolce e minuta fosse non avrebbe potuto emettere un tono così acerbo. Un bambino, poi, era inaccettabile solo pensarlo. Doveva essere per forza un allucinazione, dunque.
Contrariamente a ciò che credeva continuava a guardarsi intorno allarmato e i suoi pensieri non gli erano di conforto, e quando le sue orecchie udirono la voce ridere un’altra volta non poté trattenere un urlo di terrore.
Non capì se ad angosciarlo maggiormente fosse il riso o l’eco del suo grido nell’oscurità.
Tremando gemette.
<<Chi sei?>>
Flebili ed incerte furono le sue parole. Sentiva distintamente il cozzare convulso dei suoi denti gli uni con gli altri. Il fango che gli copriva fronte e volto, cominciò a scivolare sul viso trasportato da gelide perle di sudore.
<<D-dove sei? P-perchè ti nascondi...>>
SQUASH!!!
Il violento tonfo di qualcosa che piombava nell’acqua. Si voltò di scatto alzando i pugni stretti innanzi al volto. Il cuore galoppava a briglie sciolte. La gola riarsa. Deglutì.
Rimase in quella posizione per un imprecisato intervallo di tempo. Occhi spalancati scrutavano nella direzione da cui era provenuto il rumore. Passò più volte la lingua sulle labbra tese improvvisamente aride come le dune di un deserto.
Giunsero altri rumori, piccoli tonfi. Passi.
Ogni secondo ne portava la sorgente sempre più vicina.
-Una belva!! Come non ho potuto pensarci prima!!!- pensò - una volta avevo sentito raccontare di fiere che emettono suoni simili a vagiti di neonati...- si fermò; ciò che aveva udito non era stata certo l’angoscia di un lattante e comunque a cosa avrebbe giovato sapere di trovarsi di fronte una belva affamata.
I passi, perché questo erano, si avvicinavano e presto la creatura che li produceva sarebbe stata alla portata della sua vista. Tanto valeva aspettare più che lasciarsi andare in improbabili congetture.
Vide increspature solcare le acque e poi il loro padrone.
Al terrore susseguì sollievo e meraviglia. I muscoli si rilassarono e i pugni si abbassarono. Nessuna belva avrebbe cenato con le sue carni.
In piedi, di fronte al suo incredulo sguardo, si trovava adesso una bambina. Le sottili gambe immerse sin poco sopra le caviglie nelle scure acque, salivano nude alle ginocchia dove una candida veste ne copriva il resto. Le braccia e il collo erano strettamente avvolte dal vestito come a serrarne le carni, che altrimenti si sarebbero scomposte. Ampie volute di impalpabile tessuto ondeggiavano lungo i fianchi. Morbide, due bionde trecce cadevano sulle piccole spalle della bambina, e incorniciavano un viso luminoso ma triste. Sembrava emettesse luce propria, tanto il candore del suo aspetto risaltava in quell’ oscuro luogo.
<<Kyle...>> disse << ...è questo il tuo nome?>>
<<S-si...>>
Un sorriso triste si dipinse sul fragile viso.
<<Credi di farcela?>>
<< Di cosa parli, bimba? Ti sei smarrita? Vuoi che ti riporti da tua madre?..>>
<<ZITTO!!!!>> proruppe in un urlo spaventoso e inumano, ma le sue sembianze rimasero le stesse. Kyle restò immobile sentendo il suo cuore scandire il ritmo della paura nel suo petto. Avrebbe voluto dire qualcosa ma non vi riuscì.
<<Credi davvero di poter metterti contro di me?>>
Non capiva; non conosceva quella bambina e il significato delle sue parole gli era ignoto, ma non voleva più risentire l’abominevole urlo di prima e sapeva che se non avesse avuto una risposta a quella sua insensata domanda avrebbe urlato, eccome.
<<Si>> si costrinse a rispondere.
Una fragorosa risata provenne da tutta la palude mentre le labbra della bimba si allungarono in un largo sorriso di soddisfazione e i suoi azzurri occhi si strinsero in un’espressione decisa e divertita.
Un immenso desiderio di fuggire lo colse improvvisamente. Aveva realizzato che qualunque fosse il suo aspetto, ciò che aveva innanzi non era certo un innocua creatura bisognosa d’aiuto.
<<Bene, >> proseguì << prevedo per te un futuro nefasto, ricco di sofferenza allora, caro Kyle. Hai fatto la tua scelta. Farai meglio a ricordare il mio aspetto, la prossima volta che ci rivedremo non mi riconoscerai subito, puoi starne certo.>>
<<Di quale scelta parli? Io non ho fatto nessuna scelta!! CHI SEI E COSA VUOI DA ME?!>> urlò le ultime parole soffocando le lagrime di orrore e disperazione che stavano per sgorgare dai suoi occhi. Nessuna fu la reazione del suo piccolo interlocutore che continuava a sorridere crudelmente.
<<RISPONDI!!!>> adesso non le riuscì più a trattenere e scivolarono silenziosamente sulle sue sporche guance.
Scoppiò a ridere. Non più la risatina scherzosa che aveva udito prima, ma il fragore di tuoni esplose dalle sue labbra digrignate deformemente su denti aguzzi. Cresceva d’intensità, e Kyle si trovò presto in ginocchio con le mani premute contro le tempie a urlare di smetterla finché non perse i sensi e piombò nell’oblio.
14/11/2005 - William.h
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